11 APRILE 2011
Il Paese dei Balocchi esiste. Davvero. Ufficialmente si chiama Mayrhofen, ed è a meno di un centinaio di chilometri da Innsbruck, a poche ore di macchina dall’Italia. Superi distese di verde popolate solo da mucche al pascolo, e quando entri in paese e vedi ragazze in bikini inseguite da hot dog giganteschi ti pare di essere arrivato su un altro pianeta. Invece è semplicemente lo Snowbombing, un mega evento patrocinato da Volvo. Cinque giorni di snowboard in spot da paura e musica e follia in varie location dislocate per il piccolo centro urbano affollato da migliaia di persone delle più disparate nazionalità. Una valanga di concerti e dj set travolge piste da sci, club e altre amene location appositamente allestite per l’occasione. È un raduno di snowboarder e partyharder, gente a cui piace tirare mattina indossando bizzarre maschere carnevalesche (vincono l’uomo con il costume di Wonder Woman e la donna con il travestimento fallico) e fare karaoke ubriachi negli abitacoli delle Volvo che girano per tutto il paese. E capita anche che in funivia incontri gente come l’inglese Example o i nostri Alessio Bertallot, Marco Maccarini e il mitico action sport reporter e board hero Gros.
E se festa dev’essere, allora che festa sia. Già dal giorno uno, che nella seconda settimana di questo soleggiato aprile il weekend dura cinque giorni. Si va al Racket, gigantesca venue in cui si tengono gli eventi principali. Skream e Benga ribaltano il posto con le loro basse frequenze e preparano il pubblico allo show di Magnetic Man, super gruppo formato dai suddetti insieme ad Artwork, fissato per il giorno successivo. I due pesi massimi del dubstep lanciano una scarica di bassi così pesanti che la montagna trema. Uscire a prendere una boccata d’aria vuol dire trovarsi al vicino Vs Live e godersi l’esibizione della next big ting londinese Yasmin, che con la sua voce conturbante spazia fra R’n’B, trip hop e garage. E lo fa bene, confermando anche sul palco che il successo di On My Own, la hit che imperversa oltremanica, è più che giustificato. Il tempo è tiranno, e nella vita bisogna fare delle scelte: Pendulum al Racket o Carl Craig all’Arena? Buona la prima, con la electro–rock–drum ‘n’ bass–quellochevoletevoi band più popolare del mondo che scatena il panico fra il pubblico con chitarre, synth e la combo vocale assassina di Rob Swire e Ben Mount. Da Tarantula a Hold you Colour e Granite fino all’omaggio ai Prodigy con Vodoo People, i Pendulum mantengono l’adrenalina al livello del tasso alcolico del pubblico. Bene, bello, bravi. E ora tutti a nanna che domani si va sulle piste.
Giorno due, atmosfera decisamente meno acida con Dub Pistols, che con fiati e ritmi in levare fanno ciondolare gli snowbomber. Tiro da festival. Il pubblico reagisce bene e si prepara ad accogliere Professor Green, quel tizio con l’aria da nerd prodotto da Mike Sinners aka The Streets. Dopo aver girato il mondo insieme a Lily Allen, Green sta facendo impazzire il Regno Unito con il suo grime. In sala ci sono Gheddafi e i suoi scagnozzi che sparano (virtualmente) in aria, cameriere sadomaso che piangono come bambine e, più in generale, un vero e proprio delirio che non fa che aumentare non appena sul palco salgono Magnetic Man. L’impatto dal vivo del trio di super producer è molto più hardcore rispetto a quanto ci si possa aspettare sentendo i lavori in studio. Le melodie lasciano spazio a wobble grassissimi e punchline che ti colpiscono con la violenza di un calcio in faccia. A completare il quadro, la presenza carismatica dei guru del dubstep, genere che spopola nei club di tutto il mondo e che ora conquista anche i monti tirolesi, scossi da una nasty bassline che prosegue con costanza per cinque giorni.
Giorno tre. Ci si avvicina al weekend. Aumenta il pubblico e aumenta il tiro. A far smaltire una cena a base di proteine e grassi saturi ci pensano i Sunshine Underground, indie band di Leeds che ha saputo far tesoro della lezione dei concittadini Kaiser Chiefs. Uno show energico, coinvolgente, che coniuga momenti rock con altri più danzerecci, che aprono la strada ai dj set che riempiono il resto della notte: il primo è quello di Dj Yoda, che scalda il pubblico con la solita attitudine da club urban e con l’originalità dei visual che abilmente manipola dando colore alla musica, che spazia senza interruzioni dal funk al country passando per la Baltimore club. Il Racket si riempie rapidamente, e quando sul palco salgono gli headliner della serata, i 2Many Dj’s, in sala ci sono circa un milione di gradi Celsius e un buon 110 per cento di umidità atmosferica. Le condizioni perfette per i due fratelli dal colletto bianco. Solita partenza adrenalinica, mixaggi veloci e serrati, una buona dose di “Radio Soulwax” e parecchio eclettismo. Esattamente quello che vuole il pubblico che li segue praticamente ovunque.
Giorno quattro. Si inizia già dal pomeriggio, sul ghiacciaio di Kaprun, fra una discesa e un drink sotto il sole che scalda come ad agosto. Un elicottero scarica Mark Ronson e le sue mèche all’Ice Camp, dove deve esibirsi con un dj set per gli addetti ai lavori. È un bel po’ in ritardo, ma nessuno pare essersene accorto: la birra è gratis, il tempo perfetto e in console c’è Sophie Lloyd, che oltre a essere un piacere per gli occhi è anche maledettamente brava. Lo show di Ronson è un viaggio nella musica, senza esclusione di colpi. Spazia dall’hip hop al pop e al rock, dal dubstep alla house con disinvoltura, mostrando la trasversalità che lo ha reso uno dei produttori più eclettici del momento. Si torna a Mayrhofen felici, bruciati dal sole ed eccitati all’idea di assistere finalmente a quello che per molti è l’evento più atteso del Volvo Snowbombing: il live di Chase & Status. Prima però si passa per la performance di Example, il fenomeno londinese che propone un pop piuttosto scontato nascosto dietro una maschera electro. L’alta percentuale di inglesi in sala genera comunque un elevato indice di gradimento da parte della massa, rendendo l’atmosfera divertente nonostante l’esibizione dimenticabile. Lo show termina, e il cambio palco causa problemi a Nero, uno dei nomi più forti del momento in ambito elettronico: i loro remix dubstep stanno devastando dancefloor in tutto il mondo. Ma a causa dei lavori on stage, il dj viene relegato in un angolino. Serietà e professionalità gli impediscono di andarsene e gli consentono di fare comunque un set davvero potente, nonostante buona parte del pubblico non abbia realizzato chi ci sia effettivamente in console. Finalmente il palco è pronto: Chase a un lato, Status all’altro e una batteria sul fondo. Attacca No Problem, la prima traccia dell’ultimo album No More Idols. Un teschio rimbalza da un angolo all’altro dello schermo alle spalle del gruppo, pronunciando le parole del testo. Fa il suo ingresso Rage, l’Mc, si introduce il synth ed esplode il basso. Il Racket sembra dover crollare da un momento all’altro. La gente balla, urla, poga su ogni pezzo. Chase & Status hanno studiato come maneggiare i sequencer dai produttori hip hop, hanno interpretato l’elettronica con un’attitudine alla Prodigy e la propongono live con la ferocia degli Slayer. Hit come “End Credits” con Plan B fanno tremare le pareti, e per più di un’ora, a Mayrhofen, tutto si blocca.
Ultimo giorno. Passeggiata a piedi verso la foresta subito fuori dal paese. Praticamente il luogo ideale per smarrirsi ubriachi e diventare delle leggende metropolitane, ma la sicurezza monitora minuziosamente il perimetro dell’area, evitando al pubblico di sparire tra le frasche e infrangendo il sogno di gloria di molti. Mentre il sole tramonta, Beardyman propone uno spettacolo geniale impostato sulle tecniche di beatbox. Per i profani, è uno che fa musica con la bocca. Corde vocali e una pedaliera con cui campionare e loopare la sua orchestra orale sono tutto ciò che serve all’artista londinese per gasare la folla concedendo anche – indovinate un po’ – largo spazio a sonorità dubstep. Cala la notte e tutto è pronto per i Prodigy. Keith Flint, Maxim Reality e Liam Howlett sembrano non essere cambiati di una virgola dai tempi di Fat of the Land. Migliaia di persone rimbalzano a tempo sul beat di Breathe, pogano con Firestarter, ballano sulla melodia dance di Invaders Must Die e tornano nuovamente a saltare a ritmo di Smack My Bitch Up. La performance è calda, travolgente, con Reality che scende a livello del pubblico, facendolo letteralmente impazzire. I Prodigy ci sono ancora, e ne siamo testimoni. Ci si sposta al Racket per l’ultimo grande spettacolo, il set di Fatboy Slim. Il super dj noto anche per gli show da 250.000 persone sulla spiaggia di Brighton, svuota a poco a poco la venue con un set forse troppo datato per un evento così fresh. Ma non c’è delusione, non c’è amarezza. È la giusta conclusione smooth, un saluto che si tiene alla larga da pericolosi sentimentalismi, il modo perfetto per rendere meno traumatico l’addio a un evento assolutamente unico nel suo genere. E se ci fossero più Snowbombing per tutti, il mondo sarebbe un posto migliore.
ENRICO PIAZZA
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